28.8.06

Quarto post olandese – 7/8

Il buffet mattutino della colazione è un ottimo momento per socializzare, visto che i cosiddetti "individual guest" devono per forza prendere posto in tavolate pre–assegnate in modo tale da non occupare (non sia mai, neanche per sbaglio, pena essere gentilmente ma fermamente redarguiti dal personale di sala!) i tavoli riservati ai gruppi o alle famiglie che possono vantare così un trattamento di favore, con tanto di segnaposto personalizzato. Stamattina, oltre alla solita giovane bibliotecaria di un liceo di Leeuwarden che approfitta del viaggio per andare a trovare la nonna che vive da queste parti per fare un po' di tipico turismo olandese (su due ruote, manco a dirlo), siedono madre e figlia canadesi della zona anglofona, in pieno grand tour europeo, i nostri compagni di stanza e un manipolo di giapponesi che però si guardano bene dall'attaccare bottone. Le due ospiti con la bandiera con l'acero sono abbastanza vivaci, la figlia soprattutto, che esterna una incontenibile voglia di... stringere amicizie con esponenti del sesso forte e di fare turismo culturale nella capitale: la sua meta quotidiana sono i centri commerciali sul Dam ed il secondo Sexmuseum di A'dam (eh sì, è talmente vasto l'argomento, che ne sono stati aperti ben due), cui penso si aggiungerà la madre, non certo giovanile d'aspetto (ribattezzata da mio fratello "Biscardi" per il taglio à la garçon della stessa tonalità rosso carota del tele–trombato pallonaro nazionale), che non conferma né smentisce una sola virgola del programma. Anche loro sono state a Roma, hanno goduto delle bellezze dell'Urbe quirite, hanno sventato uno scippo ad opera di tre piccoli zingari alla stazione Termini e la figlia ha preso parte ad un pub crawl organizzato da un suo connazionale di cui mi mostra orgogliosa la maglietta–memento: la cosa che non capisco è la ritrosia del nostro compagno di stanza che, solitamente con la bocca ebetamente cucita, alla vista delle connazionali si chiude in un mutismo patologico.
Oggi decidiamo di prendercela con calma in vista dell'impegnativo tour in programma per l'indomani e di fare un'altra "unità didattica" del nostro corso accelerato di lingua e cultura neerlandese: ci rechiamo infatti alla posta centrale per spedire la famosa ed ingombrantissima tabella tranviaria, che attira la morbosa curiosità di tutti i frequentatori dell'ostello.
Il facente funzione di receptionist, una specie di Giuliano [mio compagno di scuola, NdR], dice che la posta non apre prima di mezzogiorno e, pur sopreso, mi bevo questa informazione, che ovviamente poi si rivelerà falsissima: in Olanda, come pure in Germania, le poste fanno orario continuato dalle nove fino alle sei. L'ufficio è abbastanza frequentato e silenzioso come una chiesa, tutto è ordinato e pulito, colorato e professionale. Purtroppo le scatole montabili in vendita allo shop non sono della misura adatta ed esco in cerca di un negozio che mi regali un bello scatolone di cartone abbastanza grande. La fortuna mi arride e dietro l'angolo trovo un grosso ferramenta, il cui commesso, con una punta di ironia, mi invita gentilmente nel retrobottega "sure, check my waste": il deposito rifiuti è una rete nel magazzino su cui sono ordinatamente impilati tutti i cartoni in ordine di grandezza e mi sento un poco clochard mentre, con gioia, gli porto via due scatoloni della Bosch. Mentre ci affaccendiamo in due a confezionare una parvenza di pacco da noi classificato "mechanical parts inside", contravvenendo anche ad alcune fondamentali leggi della fisica, rompiamo il silenzio ieratico dell'ufficio con violenti colpi di taglierina sullo scotch teso e imprecazioni reciproche dovute alla concitazione del momento: dato che il nostro turno si approssima inesorabilmente, faccio dono del mio numero ad una ragazza in attesa (oculatamente scelta fra gli astanti, guarda caso tutti maschi) e lei accoglie l'insperata gentilezza profondendosi in una serie di gioiosi ringraziamenti e ribattendo con un sorrisone alle ironiche felicitazioni degli invidiosi compagni d'attesa, manco le avessi dato il biglietto vincente della lotteria Orange...
Adempiamo alle formalità postali velocemente e senza intoppi (l'impiegata, non certo giovane, parla un buon inglese, veste, come le sue colleghe, una divisa blu e rossa con fiocco al collo e ci presta persino un pennarello per scrivere l'indirizzo) e decidiamo allora, per festeggiare l'impresa che ha portato via un'ora buona, di abbandonarci ad un vizio tipicamente neerlandese, il cartoccio da tre euri di patatine fritte al chiosco più famoso di Haarlem.
Con la pancia piena e con l'olio in circolo nel sangue, ci apprestiamo a tentare per la seconda volta di forzare l'ingresso del Rijksmuseum ad A'dam. Dopo una ventina di minuti di ordinata e paziente fila, riusciamo ad entrare, ma la quantità di visitatori presenti, che si muovono forsennatamente come fossero api cui sia stato distrutto l'alveare, non mi fa godere appieno la vista dei capolavori della pittura fiamminga ivi custoditi: il senso di disagio è leggermente amplificato anche dalla presenza dei lavori di restauro di alcuni pezzi e di ampliamento dell'edificio, che durano ormai da sei anni ed il cui completamento è previsto per il 2009, che impongono un itinerario di visita notevolmente ridotto, con la conseguente eccessiva concentrazione di capolavori in poche e strette sale ("highlights exhibition" è il termine coniato per l'occasione, che campeggia su un gigantesco manifesto sulla facciata sopra l'ingresso). La celeberrima
  • "Ronda di notte"
  • di Rembrandt è stata posizionata nell'ultima sala a forma di aula magna universitaria, dove la tela è fissata su una specie di palco, cui è impossibili avvicinarsi senza essere redarguiti dal sorvegliante, mentre i visitatori prendono posto su cinque file a gradoni sul lato opposto dove possono rimanere seduti a contemplarla per qualche minuto, prima che un grumo di visitatori si accalchi sul corridoio intermedio reclamando giustamente il loro turno di paint–watching.
    All'uscita, vengo parcheggiato per un'ora e venti su una panchina del parco circostante in attesa che mio fratello concluda il suo shopping di spartiti nel negozio più fornito della città. Prima che l'sms della carta di credito mi confermi che il mio germano abbia soddisfatto la propria voglia di pentagramma a pagamento e rimpinguato le casse del titolare, ho tutto il tempo per essere circondato da due coppie di canna–turisti lombardi che per mezz'ora non fanno altro che trafficare con cartine e bustine di plastica trasparente, elogiare il tipo di cannabis neerlandese, ragionare sul modo di risparmiare ulteriormente sul budget di vacanza per poter comprare quanti più grammi possibili: alla fine, uno di loro, come folgorato da un'irresistibile eureka, propone a tutti quanti di lasciare l'albergo e trasferirsi nell'ostello da 10 euri al centro. La cosa mi fa venire un brivido sulla schiena, in quanto l'immagine dell'economicissimo ostello in questione si ripropone in tutto il suo sudiciume e la sua promiscuità delle camerate da venti letti che ho intravisto passeggiando ieri nel quartiere a luci rosse...
    Per fortuna, consumata la loro "merenda", i lumbard se ne vanno seguendo una traiettoria zig–zagante e rimango finalmente solo a sonnecchiare un po' e a godere di altri scorci di vita neerlandese. Il cielo non promette nulla di buono, eppure i campi da basket e da pallavolo sono pieni, due ragazzine di colore giocano a pallone sul prato (alla "Sognando Beckham") mentre una dark tutta anelli e tatuaggi gioca con un terranova lanciandogli nella enorme vasca della fontana una pallina da tennis che poi lui si diverte a recuperare col muso sott'acqua, i vialetti sono pieni di bici in moto e sdraiate sull'erba, proprio come i loro legittimi proprietari che gli stanno accanto.
    Ritornando verso la stazione incappiamo in un tranviere (o una tranviera?) sfottuto dal servizio più di tutti gli altri colleghi che abbiamo finora incontrato sulla rete della capitale e che evidentemente ha un importantissimo appuntamento al capolinea cui non può in nessun modo mancare: così saliamo sul treno con un leggero malessere avvertito per la prima volta nella nostra vita, il mal di tram...
    Rientrati in ostello ci facciamo una doccia (calda) per smaltire l'umidità accumulata nella giornata, una sana pennica e una chiacchierata con i nostri compagni di stanza: presi dal fervore locutorio non ci accorgiamo che si sono fatte praticamente le dieci di sera e che ormai il buffet è bello che chiuso. L'unica cosa aperta che troviamo in città è il Burger King della stazione, ma la fame prevale su tutto, con buona pace dei miei principi di etica culinaria e tutti i presupposti di turismo "sostenibile". Affanculo tutto, un crampo allo stomaco mi stava per stroncare una volta sceso dall'autobus!

    20.8.06

    Terzo post olandese - 6/8

    Ancora con l'euforia in corpo generata dall'incontro con la mastodontica "Nyk Castor" alle chiuse di IJmuiden e con i polpacci induriti dalla lunga pedalata controvento (all'andata e al ritorno), ci prepariamo per la scoperta di Amsterdam: arriviamo alla piazza della Centraal Station in compagnia del nostro amico australiano con cui dividiamo la camerata — un ragazzino diciassettenne che sta facendo una specie di stage a Londra in vista dell'esame di maturità, timido e con qualche capello bianco in testa per cui Michela avrebbe fatto fuoco e fiamme — e di due new yorkesi dei Queens, fratello e sorella. Lui, un logorroico da competizione, studia cinematografia a Lione ma non ha mai visto manco mezzo Fellini né tanto meno Monicelli, fin quasi al capolinea del tram conclude un lunghissimo sermone cominciato non appena il treno si è mosso da Haarlem, recitato in slang della Grande Mela con inserti di amerenglish su quel "coglione" di Michael Moore, sul guerrafondaio Bush, ma anche sui deludentissimi democratici a stelle e strisce. Lei, molto carina, riccetta bionda, pelle di luna e smalto nero su mani e piedi, non spiccica che poche parole approfittando delle pause del fratello oratore per riprendere fiato: riesco a capire che parla un po' di tedesco, che comincerà gli studi di scienze politiche l'anno prossimo, che hanno una sorella che vive ad Asti, evidentemente attratta da qualche chiavatore da competizione, che sono stati in Italia e a Roma, e che sono innamorati del nostro Paese. I miei piani di abbordaggio della suddetta nel bar dell'ostello a sera cadranno miseramente a vuoto, in quanto, al nostro rientro, dei due non v'è traccia alcuna: io e mio fratello maligniamo che il logorroico invece di portarla a Filmmuseum come ci aveva più volte orgogliosamente ripetuto, l'abbia barattata con il casting manager del celeberrimo seventeen.nl in cambio di una Leica 16mm...
    Il nostro primo tentativo di avvicinamento al Rijksmuseum, il Museo Reale, scrigno della pittura olandese dell'Age d'or, cade a vuoto per via di una lunga coda che gira due angoli dell'isolato, un'ora buona di attesa ad occhio e croce.
    Decidiamo allora di andare subito al
  • Museo del Tram Elettrico
  • , sito in una vecchia stazione abbandonata. È uno dei più belli e stimolanti musei della tecnica che abbia visitato, non tanto per la collezione custodita, di per sé comunque di valore, ma perché è uno dei pochi musei vivi dedicati al genere: su un percorso di circa cinque chilometri, ogni domenica i curatori ed i volontari della Fondazione fanno sferragliare i pezzi della collezione, da loro stessi acquisiti, restaurati e tenuti in esercizio. Oggi hanno fatto uscire dal deposito-hangar una bellissima vettura viennese degli anni Trenta (in cui si legge anche il cartello "Vietata la salita ai Giudei"), una sua coetanea praghese, una più vecchiotta di Groningen con rimorchio aperto e, infine, una vettura Amsterdam 1920 su cui prendiamo posto.
    Ci sono per lo più anziani e famigliole, noi siamo un po' fuori luogo per la giovane età: c'è anche un pensionato della GVB, l'azienda dei trasporti di A'dam, in sandalo con calze nere, calzoncini, occhiali scuri, baffi a manubrio e... rutto libero alla partenza!
    C'è chi è feticista dei piedi, chi della biancheria intima, chi delle orecchie (eccomi!), ma anche chi dei tram (eccoci!): il viaggio è un piacere per la vista e per l'udito, la mano artigianale ma non troppo dei curatori del museo si vede ovunque. Le rotaie, dono delle ferrovie olandesi NS, non sono posate a regola d'arte, la linea elettrica di alimentazione è stata progettata da un vecchio ingegnere del GVB a riposo e montata, nelle domeniche pomeriggio, da un operaio delle officine delle ferrovie di Rotterdam. Ai passaggi a livello, il bigliettaio scende e ferma il traffico con una bandiera rossa, anch'essa dono delle NS: ha la facies di un immigrato asiatico, ci prende subito in simpatia visto il nostro grado di attenzione e di godimento di tutto il complesso, ci racconta delle sue scorribande da giovane InterRailer in Italia, sospinto da una passione insana che lo ha portato perfino a prendere fumose littorine su oscure linee siciliane... Ci lascia rimanere, contravvenendo al regolamento, a bordo durante la manovra d'inversione della marcia e, al capolinea, ci offre un altro viaggio gratis sulla vettura viennese che dovrà guidare: a malincuore gli diciamo garbatamente di no, perché vogliamo continuare a girare in città e perché vogliamo fare un po' di shopping nel negozietto del museo. Un po' di shopping si tramuta nell'acquisto di libri, materiale vario e di una pesantissima ma invitantissima (visto il prezzo irrisorio di 5€) tabella di destinazione dei tram di A'dam, che però non ci permette di girare agevolmente in città e nemmeno di passare inosservati: dopo averla lasciata nei cassetti a chiave della stazione, prego di non trovare al ritorno gli artificieri in assetto operativo...
    Per raggiungere la prossima tappa, la cappella clandestina dei tempi della Riforma,
  • Nostro Signore nel solaio
  • , attraversiamo il cuore dello squallore e del sudiciume urbanistico ed umano, il tanto decantato quartiere a luci rosse: vicoli che puzzano di piscio, mignotte sfatte in vetrina, per lo più immigrate del Suriname che richiamano la nostra attenzione sbattendo enormi falli di gomma nera alla finestra, umanità tossicodipendente per abitudine e per turismo (e qui i nostri compatrioti danno il meglio di loro stessi), famigliole di turisti, olandesi in bicicletta, abitanti che ormeggiano le barche nei canali o che scendono a buttare la spazzatura uscendo dallo stesso portone su cui campeggia un invito al neon rosso a servirsi delle videocabine con tutte le ultime novità, disciplinati plotoni di giapponesi, saccopelisti di ogni nazionalità, insomma di tutto e di più... Il museo ci sembra una piccola oasi in mezzo a tanta carnalità, a tanto squallore: quando i protestanti incazzati neri con Roma vietarono il culto cattolico in città, il mercante proprietario della casa che ora visitiamo ottenne la deroga di poter officiare in casa senza limitazione alcuna. Ribassò allora i solai dei piani inferiori e abbatté quelli fra il secondo ed il terzo piano, ottenendo uno spazio enorme in cui ricavò una chiesetta, con tanto di organo e pala d'altare, usata ancora oggi per matrimoni chic e concerti.
    Scappiamo a gambe levate dal marasma di peccatori che ci circonda e ci rifugiamo in un bel parco verde, letteralmente assediato da locali e da turisti, gran parte dei quali rigorosamente muniti di canna accesa: c'è anche chi organizza il tiro alla fune, ma una delle due squadre è composta per metà di avvinazzati e per la restante metà di accannati, perciò ad ogni mano perde sempre miseramente. C'è anche un tizio male in arnese, la tipica physique du rôle del pugnettaro da parco, che intrattiene una penosa conversazione in inglese con due turiste vecchiotte che si sono imprudentemente accomodate sulla stessa panchina per riprendersi qualche minuto: l'abbordaggio delle straniere è uno sport praticato anche dai vecchi tranvieri, in calzoncini e saldali con calzino, con qualche risicato successo solo in virtù del ruolo salvifico ricoperto da queste persone, in una città dalla toponomastica ingannevole e gutturale. Solo io non riesco a scalfire un sorriso alle giunoniche manovratrici con il mio charme e i miei timidi tentativi di erudizione fonetica neerlandese, visibilmente nervose per il turno estivo-domenicale e per l'imperizia dei turisti che nulla sanno, nulla capiscono e nulla vedono, neanche un tram sferragliante a sei casse che sta per piombarti addosso dietro la curva...
    Torniamo nell'epicentro del vizio per assistere ad un concerto d'organo e, mentre faccio la fila al pissoir sul lungocanale davanti la Oude Kerk, il duomo vecchio, vedo un tizio dell'Esercito della Salvezza che brandisce un enorme cartello su cui è riportato un passo del Vangelo di Luca e che sta riportando a più miti consigli due potenziali clienti "vetrinisti" di mezza età. Durante il concerto, dalle vetrate smerigliate vedo i bagliori di un neon rosso che pulsa intermittente: il contrasto è terribile, fra dentro e fuori. Stridente è pure l'immagine dell'organista tedesco ospite — molto bravo — che si accomoda a cena nella sala da pranzo del pastore della Oude Kerk, praticamente a piano terra, nel vicolo che dà su un postribolo a vetri molto trafficato: anche loro, in un certo senso, stanno in vetrina.
    Assieme all'australiano che ci ha raggiunti in chiesa, prendiamo un po' di cucina greca da asporto e consumiamo avidamente il tutto seduti sulla banchina di un canale molto tranquillo: il silenzio è rotto soltanto dallo scampanellare di qualche ciclista isolato o dalle grida avvinazzate di saluto dei Captain Stabby, dei gitanti su barca di ritorno dalla crociera domenicale.
    Gli ultimi minuti ad A'dam sono caratterizzati da una corsa fuori programma al deposito bagagli ché si avvicina l'ora di chiusura: una volta recuperata sul filo dei secondi, scappo a gambe levate con la famosa tabella tranviaria in spalla onde evitare imbarazzanti domande del custode del deposito e conseguenti, spiacevoli equivoci...

    PS la mia scarsa dimestichezza col codice delle pagine unita alla pigrizia innata mi hanno portato a copiare impunemente pezzi di linguaggio belli e pronti per i link esterni, con i disgraziati risultati grafici che potete ben vedere: me ne scuso e me ne dolgo, ma non capisco né ho voglia di capire l'arcano nerdico che si nasconde dietro ai link pallettati, perciò sopportateli senza dir nulla!

    17.8.06

    Sul patrio suol...


    Ieri, alle ore 22,00 ora di ROMA!, ho messo finalmente piede a casa dopo 12 giorni di lontananza dal suolo italico: i compagni di viaggio (compatrioti) hanno fatto di tutto per non farlo rimpiangere, ma è bastato un piattone di pasta al sugo di mammà per far ritornare in alto il morale tricolore!!!

    Viva l'Italia!!!

    PS per coloro che temevano di ricevere questa notizia, confermo che il diario (breve) da me tenuto su carta durante il viaggio sarà presto trascritto e i due post precedenti, vergati sotto effetto di alcol e stanchezza turistica, verranno sistemati

    PS2 un autostop improvvisato davanti l'ostello di Haarlem aiutandomi con il souvenir tranviario acquistato ad Amsterdam

    11.8.06

    Spero, promitto e iuro reggono l´infinito futuro???

    Salve a tutti, cari visitatori del Kabinett!
    Purtroppo non ho avuto tempo nei giorni scorsi per aggiornare il blog con le mie scorribande, mi riprometto di postare qualcosa il piú presto possibile.
    Vi basti sapere che siamo tutti in ottima salute, che ingrassiamo giorno per giorno e che ci troviamo nella profonda provincia dell´Est della Germania, a Greifswald in Pomerania: il tempo è una vera chiavica, piove leggermente e fittamente, penso che l´ambito tuffo nel Baltico debba essere per forza di cose rimandato a periodi più soleggiati.
    Vi lascio, liebe Kabinettbesucher, perché sta finendo il tempo nell´Internet a minuti nella postazione del café in cui mi trovo.

    Bis bald und Tschüß!

    6.8.06

    Secondo post olandese - 5/8/06

    Stamattina (6 per chi legge) decido di farla finita sul presto con la rincorsa del sonno che, nonostante la stanchezza, sembra infischiarsene di tornare a farmi compagnia: cosi`, nell`ostello deserto, mi accomodo al pc mangiamonete ed eccoci qua...

    Dunque ieri abbiamo capito qualcosa di piu` di questo popolo che ci ospita, allegro e casinoso, eppure malinconico e silente, un po` come questo tempo atlantico che accompagna le nostre giornate, incerto, a tratti soleggiato e caldo, improvvisamente scuro e minaccioso: insomma, il segreto del ben vivere olandese sta tutto sulle due ruote (a pedali, ovviamente). Insomma, strafocarsi di patatine fritte condite con litri di maionese e salsa alle arachidi (vomitevole per me), di birra bianca Wieckse o di Amstel Pils e poi sfoggiare una costituzione grissino, magra e allampanata, non puo` che celare un patto mefistofelico: il Demonio con cui i primi neerlandesi hanno fatto armistizio doveva essere sicuramente un appassionato ciclista, perche` con il cavallino d`acciaio qui si fa praticamente tutto.
    Si va in giro (quasi ovunque), si guardano le vetrine, si chiacchera con gli amici, si passeggia con la ragazza (sul portapacchi), si porta ogni genere di roba o di articolo commerciale. E, last but not least, si bruciano un sacco di calorie.
    Chi dice che non e` vero perche` l`orografia olandese e` stata spianata col ferro da stiro e poi inamidata, non ha mai biciclettato in una giornata ventosa, come e` successo a noi.
    Per calarci al meglio nello spirito nazionale e per risparmiare qualcosina sui cotosi biglietti dei mezzi pubblici, deidiamo di prendere a nolo due pseudo-mountain bike, con il manubrio tipo "Olanda" (appunto), quello largo e leggermente flesso, e ci lanciamo cosi` sulla fitta rete ciclabile.
    Raggiungiamo il centro per aspettare l`apertura del Frans Hals Museum una raccolta di pitture della cosiddetta Epoca d`Oro olandese (il Seicento in poche parole), subito dopo la Grote Sint Bavo Kerk, la bellissima Cattedrale di San Bavone strappata al controllo di Roma dai Calvinisti incazzati col Papa Re, dove abbiamo visitato uno degli organi piu` antichi e piu` potenti d`Europa: mio fratello, quale studente organista, e` stato accontentato dal giovane titolare aggiunto che ci faceva da guida, a noi e ad un folto gruppo di fiamminghi eccitati e inorgogliti per la nostra presenza, ed ha potuto cosi` suonare sulla tastiiera in tartaruga due brevi brani della scuola italiana, fra l`emozione di tutti quanti.
    Decidiamo, una volta usciti, di andare a vedere le chiuse del canale del Mare del Nord, che impediscono che noi, ma anche tutti i pappa, le mignotte, i cannari di Amsterdam (nonche` la restante parte dei neerlandesi lavoratori e rubizzi) travolti dall`Atlantico. La strada non e` lunga, solo 5 km, ma arzigogolata e battuta da un vento impetuoso, che ci fa impiegare quasi un`ora: le fatiche sono ripagate dall`attesa del transito di una enorme portacontainer che si dirige in mare aperto e la cui lunga sosta nella chiusa ci permette di mangiare un piatto di pesce al bistrot che sta sullo sbarramento di terra che separa i due bacini.
    A meta` pasto ci accorgiamo che un`enorme sagoma nera armata a Panama si muove lentamente scortata da due rimorchiatori, che vicino a lei sembrano lillipuziani, e tutto cio` mi commuove: penso ad una vecchia e ripettabile signora portata per mano da due nipotini sotto casa.
    Che cosa puo` la forza di volonta` dell`uomo, la sua Wille zum leben, aber zum Macht auch.

    Be`, tempus fugit, il buffet per la colazione e` aperto e mi appropinquo.

    Dag, a presto!

    4.8.06

    Primo post olandese - 4/8/06

    Spendendo un po' di Euri sono riuscto ad accedere al collegamento internet dell'ostello che ci ospita, ma lo schermo ha una risoluzione miope e leggo male le lettere sullo schermo, dunque prego di sorvolare i visitatori sui possibili ed inevitabili errori di battitura e di prosa.

    Dunque, partenza da Ciampino: afa, sole, folla e... un bel "security alert" che ci ha fatto uscire di corsa, in fretta e furia, l'aerostazione per colpa di un idiota che ha lasciato il bagaglio incustodito e, diciamolo pure, dei fondamentalisti che hanno distrutto ogni parvenza di levita' e di romanticismo nell'aviazione civile: il commento del ground doctor in camice verde al bar e' stato piu' che eloquente "tanto casino per un bagaglio e poi il parcheggio delle auto dei visitatori sta sotto la torre di controllo e vicino alla centrale elettrica... e vabbe'
    Si rientra, si sale a bordo, assieme ad olandesi abbrustoliti ed italiani tediosi che gia' sognano canne in liberta' e serate sfrenate nei bordelli multipiano e multirazza del Dam: pietosi i primi, ignobili i secondi.
    Sulle Alpi comincia a vedersi un banco pressoche' uniforme di nuvole che ricopre tutto il centro Europa e che e' lo sfondo celeste di questa prima giornata neerlandese: sballottato dalla turbolenza non posso esimermi di pensare alla tenacia dell'uomo che ha aspettato cento anni per mettere il culo in aria quando le due turbine scaricano a terra un paio di centinaia di tonnellate di spinta al decollo e tu schiacciano al sedile: sulla scaletta dell'aereo una volta atterrati (dove soffia un vento terribile, che fa pentire un Fritz di essersi vestito tutto di lino, tipo colonia in Suriname e me che non ho ancora cacciato la felpa dallo zaino) che la tenacia dell'uomo si riduce nella distruzione del continuum spazio-tempo e che, percio', mentre zompetto incerto sui gradini a tremila km da casa, tre ore fa ero a casa ad allacciarmi le scarpe in bagno, guardando fuori dalla finestra il campo di calcetto in costruzione. Formidabile.
    In treno si alternano violenti acquazzoni e schiarite temporanee, miste a dighe, canali, acquitrini, cristiani, atei, piccine, mandrie, chiatte, tutto rigorosamente a quota + (o -) 0,00 s.l.m.: un vecchio proverbio olandese recita "Dio creo' la Terra, ma non l'Olanda. A quello hanno pensato gli olandesi." Nulla di piu' vero, nulla di piu' tenace.
    In ostello incontriamo un canadese figlio di bergamaschi emigrati che si appiccica a noi perche' spaesato e perche' mosciamente canadese, con poca fantasia ed un solo chiodo (anzi tre, calcio, cibo e canna - donne ancora non ho capito, speriamo bene): alla fine lo smolliamo nella piazza principale per andarsi a cercare il bar dove danno Ajax-Inter.
    Noi ci godiamo un concerto di boh... un nero che rappa, due vecchi con sassofono (dipinto bianco) e contrabasso elettrico ed un dj che pesta anche su una batteria, il tutto guarnito da 50enni e giovani come noi che ballano, ridono e scherzano, ovviamente con la birra in mano (come noi del resto).
    Giuro, sono matti questi olandesi. E percio' li adoro!

    Tot ziens, a presto.