24.12.06

23.12.06

La Morte o non ti fila o ti aspetta travestita da fuga di gas

Anche oggi mi vedo costretto a postare un commento che ai più sembrerà il solito temino stinto e ritrito, condito con un po' di salsa di retorica vagamente deamicisiana. In realtà sarei ben contento di non dover scrivere riflessioni del genere se tutto andasse come si potrebbe intravedere facendo capolino dalle finestre della famigliola del Mulino Bianco e non fosse altro per non fare andare di traverso il pandoro e/o panettone ai miei carissimi Kabinettbesucher, però...

Allora, prima questione: il diritto alla vita e quello alla morte.
Tutti vogliono vivere, è l'istinto più intimamente basilare della fisiologia umana che spinge a desiderare di prolungare l'esistenza su questo mondo. È molto difficile accontentare tutti in questo senso.
Poi c'è chi chiede una cosa teoricamente ben più facile a farsi, c'è chi desidera la morte sopra ogni altra cosa, perché rispetto ad una vita di sofferenze e di indignità quotidiana è qualcosa che non fa più paura, che non si teme, anzi si invoca a gran voce, la si desidera, la si ricerca in ogni modo persino scrivendo al Presidente della Repubblica, senza paura di risultare noioso e anche sgradevole comparendo in video all'ora di cena durante il telegiornale, a costo di ammutolire intere famiglie riunite a tavola davanti ai tortellini fumanti, a rischio di chiamarsi gli auguri di pronta estinzione dai telespettatori esasperati e desiderosi di evasioni ridanciane dal piattume della contemporaneità.
Anche se è umanamente difficile da accettare, una persona che chiede la morte con insistenza deve essere esaudita, perché quello che questi chiede altro non è che un atto di pietà.
La Curia romana fa il suo lavoro e quindi non concede rito religioso alle esequie. Va bene.
Ma il Parlamento non è il Sant'Uffizio e non prende ordini (almeno formalmente) dal Vaticano. La questione è delicata, siamo d'accordo, ma almeno se ne cominci a parlare con la serietà che la materia esige. Almeno una volta.

Poi c'è chi la morte la sfida per mestiere per regalare la vita e talvolta perde miseramente.
Oggi, vicino Bologna, un pompiere è rimasto sotto le macerie di una palazzina saltata in aria perché completamente satura di gas.
Un ragazzo, volontario tra l'altro, che lascia una sedia vuota quest'anno alla tavola delle feste.
Un altro collega non si sa se ce la fa a campare ancora.

Buon Natale a tutti i Vigili del fuoco.

16.12.06

Riceviamo e volentieri pubblichiamo…


Al solito, danke schön, Lurienzo!

29.11.06

20.11.06

Un orgasmo globale per la pace…

… è quanto organizzato e pubblicizzato da un comitato pacifista californiano di San Francisco che invitano tutti per il 22 dicembre p.v. ad irradiare il nostro martoriato mondo di energie positive derivate da stimolazione erotica, "in the place of your choosing and with as much privacy as you choose" (tanto per dirla chiara, ché poi qualcuno rispolvera vecchi impermeabuli gialli tarmati dagli armadi e si reca molesto nei parchi al tramonto)…
Maggiori dettagli e l'utilissimo countdown automatico alla pagina http://www.globalorgasm.org/
Give peace a… hand!

12.10.06

Scene dall'ottobrata romana

In un affollato centro commerciale della periferia sudorientale della Città, affannosa ricerca di bene di consumo scopo regalo.
All'interno di un negozio di intimo, entra un piccolo yorkshire tenuto al lungo guinzaglio dal padrone fuori. Il suddetto proprietario lo tira a sé esclamando:"'Ndo voj anna' te?!? C'hai troppe sise!"
Ho riso alle lacrime.

9.10.06

Le trasmissioni riprenderanno il più presto possibile…


In questo periodo sono molto preso dallo studio, dunque penso di non avere molta forza intellettuale e fisica per postare qualcosa, soprattutto i racconti di viaggio (e qui qualcuno/a starà già appendendo un ex-voto a qualche statua): qualche facezia ci scapperà sicuramente, ma nulla di più.
Prego il mio equipaggio internautico di portare pazienza per un po' e, se proprio non può esimersi dal cliccare qualcosa di mio, di andarsi a spizzare il Gabinetto fotografico, che aggiorno quasi quotidianamente.
Bis bald, a presto!

[immagine per gentile concessione di www.brunovespa.net : che soddisfazione, mi sono ripreso qualcosa da lui, finalmente!]

28.8.06

Quarto post olandese – 7/8

Il buffet mattutino della colazione è un ottimo momento per socializzare, visto che i cosiddetti "individual guest" devono per forza prendere posto in tavolate pre–assegnate in modo tale da non occupare (non sia mai, neanche per sbaglio, pena essere gentilmente ma fermamente redarguiti dal personale di sala!) i tavoli riservati ai gruppi o alle famiglie che possono vantare così un trattamento di favore, con tanto di segnaposto personalizzato. Stamattina, oltre alla solita giovane bibliotecaria di un liceo di Leeuwarden che approfitta del viaggio per andare a trovare la nonna che vive da queste parti per fare un po' di tipico turismo olandese (su due ruote, manco a dirlo), siedono madre e figlia canadesi della zona anglofona, in pieno grand tour europeo, i nostri compagni di stanza e un manipolo di giapponesi che però si guardano bene dall'attaccare bottone. Le due ospiti con la bandiera con l'acero sono abbastanza vivaci, la figlia soprattutto, che esterna una incontenibile voglia di... stringere amicizie con esponenti del sesso forte e di fare turismo culturale nella capitale: la sua meta quotidiana sono i centri commerciali sul Dam ed il secondo Sexmuseum di A'dam (eh sì, è talmente vasto l'argomento, che ne sono stati aperti ben due), cui penso si aggiungerà la madre, non certo giovanile d'aspetto (ribattezzata da mio fratello "Biscardi" per il taglio à la garçon della stessa tonalità rosso carota del tele–trombato pallonaro nazionale), che non conferma né smentisce una sola virgola del programma. Anche loro sono state a Roma, hanno goduto delle bellezze dell'Urbe quirite, hanno sventato uno scippo ad opera di tre piccoli zingari alla stazione Termini e la figlia ha preso parte ad un pub crawl organizzato da un suo connazionale di cui mi mostra orgogliosa la maglietta–memento: la cosa che non capisco è la ritrosia del nostro compagno di stanza che, solitamente con la bocca ebetamente cucita, alla vista delle connazionali si chiude in un mutismo patologico.
Oggi decidiamo di prendercela con calma in vista dell'impegnativo tour in programma per l'indomani e di fare un'altra "unità didattica" del nostro corso accelerato di lingua e cultura neerlandese: ci rechiamo infatti alla posta centrale per spedire la famosa ed ingombrantissima tabella tranviaria, che attira la morbosa curiosità di tutti i frequentatori dell'ostello.
Il facente funzione di receptionist, una specie di Giuliano [mio compagno di scuola, NdR], dice che la posta non apre prima di mezzogiorno e, pur sopreso, mi bevo questa informazione, che ovviamente poi si rivelerà falsissima: in Olanda, come pure in Germania, le poste fanno orario continuato dalle nove fino alle sei. L'ufficio è abbastanza frequentato e silenzioso come una chiesa, tutto è ordinato e pulito, colorato e professionale. Purtroppo le scatole montabili in vendita allo shop non sono della misura adatta ed esco in cerca di un negozio che mi regali un bello scatolone di cartone abbastanza grande. La fortuna mi arride e dietro l'angolo trovo un grosso ferramenta, il cui commesso, con una punta di ironia, mi invita gentilmente nel retrobottega "sure, check my waste": il deposito rifiuti è una rete nel magazzino su cui sono ordinatamente impilati tutti i cartoni in ordine di grandezza e mi sento un poco clochard mentre, con gioia, gli porto via due scatoloni della Bosch. Mentre ci affaccendiamo in due a confezionare una parvenza di pacco da noi classificato "mechanical parts inside", contravvenendo anche ad alcune fondamentali leggi della fisica, rompiamo il silenzio ieratico dell'ufficio con violenti colpi di taglierina sullo scotch teso e imprecazioni reciproche dovute alla concitazione del momento: dato che il nostro turno si approssima inesorabilmente, faccio dono del mio numero ad una ragazza in attesa (oculatamente scelta fra gli astanti, guarda caso tutti maschi) e lei accoglie l'insperata gentilezza profondendosi in una serie di gioiosi ringraziamenti e ribattendo con un sorrisone alle ironiche felicitazioni degli invidiosi compagni d'attesa, manco le avessi dato il biglietto vincente della lotteria Orange...
Adempiamo alle formalità postali velocemente e senza intoppi (l'impiegata, non certo giovane, parla un buon inglese, veste, come le sue colleghe, una divisa blu e rossa con fiocco al collo e ci presta persino un pennarello per scrivere l'indirizzo) e decidiamo allora, per festeggiare l'impresa che ha portato via un'ora buona, di abbandonarci ad un vizio tipicamente neerlandese, il cartoccio da tre euri di patatine fritte al chiosco più famoso di Haarlem.
Con la pancia piena e con l'olio in circolo nel sangue, ci apprestiamo a tentare per la seconda volta di forzare l'ingresso del Rijksmuseum ad A'dam. Dopo una ventina di minuti di ordinata e paziente fila, riusciamo ad entrare, ma la quantità di visitatori presenti, che si muovono forsennatamente come fossero api cui sia stato distrutto l'alveare, non mi fa godere appieno la vista dei capolavori della pittura fiamminga ivi custoditi: il senso di disagio è leggermente amplificato anche dalla presenza dei lavori di restauro di alcuni pezzi e di ampliamento dell'edificio, che durano ormai da sei anni ed il cui completamento è previsto per il 2009, che impongono un itinerario di visita notevolmente ridotto, con la conseguente eccessiva concentrazione di capolavori in poche e strette sale ("highlights exhibition" è il termine coniato per l'occasione, che campeggia su un gigantesco manifesto sulla facciata sopra l'ingresso). La celeberrima
  • "Ronda di notte"
  • di Rembrandt è stata posizionata nell'ultima sala a forma di aula magna universitaria, dove la tela è fissata su una specie di palco, cui è impossibili avvicinarsi senza essere redarguiti dal sorvegliante, mentre i visitatori prendono posto su cinque file a gradoni sul lato opposto dove possono rimanere seduti a contemplarla per qualche minuto, prima che un grumo di visitatori si accalchi sul corridoio intermedio reclamando giustamente il loro turno di paint–watching.
    All'uscita, vengo parcheggiato per un'ora e venti su una panchina del parco circostante in attesa che mio fratello concluda il suo shopping di spartiti nel negozio più fornito della città. Prima che l'sms della carta di credito mi confermi che il mio germano abbia soddisfatto la propria voglia di pentagramma a pagamento e rimpinguato le casse del titolare, ho tutto il tempo per essere circondato da due coppie di canna–turisti lombardi che per mezz'ora non fanno altro che trafficare con cartine e bustine di plastica trasparente, elogiare il tipo di cannabis neerlandese, ragionare sul modo di risparmiare ulteriormente sul budget di vacanza per poter comprare quanti più grammi possibili: alla fine, uno di loro, come folgorato da un'irresistibile eureka, propone a tutti quanti di lasciare l'albergo e trasferirsi nell'ostello da 10 euri al centro. La cosa mi fa venire un brivido sulla schiena, in quanto l'immagine dell'economicissimo ostello in questione si ripropone in tutto il suo sudiciume e la sua promiscuità delle camerate da venti letti che ho intravisto passeggiando ieri nel quartiere a luci rosse...
    Per fortuna, consumata la loro "merenda", i lumbard se ne vanno seguendo una traiettoria zig–zagante e rimango finalmente solo a sonnecchiare un po' e a godere di altri scorci di vita neerlandese. Il cielo non promette nulla di buono, eppure i campi da basket e da pallavolo sono pieni, due ragazzine di colore giocano a pallone sul prato (alla "Sognando Beckham") mentre una dark tutta anelli e tatuaggi gioca con un terranova lanciandogli nella enorme vasca della fontana una pallina da tennis che poi lui si diverte a recuperare col muso sott'acqua, i vialetti sono pieni di bici in moto e sdraiate sull'erba, proprio come i loro legittimi proprietari che gli stanno accanto.
    Ritornando verso la stazione incappiamo in un tranviere (o una tranviera?) sfottuto dal servizio più di tutti gli altri colleghi che abbiamo finora incontrato sulla rete della capitale e che evidentemente ha un importantissimo appuntamento al capolinea cui non può in nessun modo mancare: così saliamo sul treno con un leggero malessere avvertito per la prima volta nella nostra vita, il mal di tram...
    Rientrati in ostello ci facciamo una doccia (calda) per smaltire l'umidità accumulata nella giornata, una sana pennica e una chiacchierata con i nostri compagni di stanza: presi dal fervore locutorio non ci accorgiamo che si sono fatte praticamente le dieci di sera e che ormai il buffet è bello che chiuso. L'unica cosa aperta che troviamo in città è il Burger King della stazione, ma la fame prevale su tutto, con buona pace dei miei principi di etica culinaria e tutti i presupposti di turismo "sostenibile". Affanculo tutto, un crampo allo stomaco mi stava per stroncare una volta sceso dall'autobus!

    20.8.06

    Terzo post olandese - 6/8

    Ancora con l'euforia in corpo generata dall'incontro con la mastodontica "Nyk Castor" alle chiuse di IJmuiden e con i polpacci induriti dalla lunga pedalata controvento (all'andata e al ritorno), ci prepariamo per la scoperta di Amsterdam: arriviamo alla piazza della Centraal Station in compagnia del nostro amico australiano con cui dividiamo la camerata — un ragazzino diciassettenne che sta facendo una specie di stage a Londra in vista dell'esame di maturità, timido e con qualche capello bianco in testa per cui Michela avrebbe fatto fuoco e fiamme — e di due new yorkesi dei Queens, fratello e sorella. Lui, un logorroico da competizione, studia cinematografia a Lione ma non ha mai visto manco mezzo Fellini né tanto meno Monicelli, fin quasi al capolinea del tram conclude un lunghissimo sermone cominciato non appena il treno si è mosso da Haarlem, recitato in slang della Grande Mela con inserti di amerenglish su quel "coglione" di Michael Moore, sul guerrafondaio Bush, ma anche sui deludentissimi democratici a stelle e strisce. Lei, molto carina, riccetta bionda, pelle di luna e smalto nero su mani e piedi, non spiccica che poche parole approfittando delle pause del fratello oratore per riprendere fiato: riesco a capire che parla un po' di tedesco, che comincerà gli studi di scienze politiche l'anno prossimo, che hanno una sorella che vive ad Asti, evidentemente attratta da qualche chiavatore da competizione, che sono stati in Italia e a Roma, e che sono innamorati del nostro Paese. I miei piani di abbordaggio della suddetta nel bar dell'ostello a sera cadranno miseramente a vuoto, in quanto, al nostro rientro, dei due non v'è traccia alcuna: io e mio fratello maligniamo che il logorroico invece di portarla a Filmmuseum come ci aveva più volte orgogliosamente ripetuto, l'abbia barattata con il casting manager del celeberrimo seventeen.nl in cambio di una Leica 16mm...
    Il nostro primo tentativo di avvicinamento al Rijksmuseum, il Museo Reale, scrigno della pittura olandese dell'Age d'or, cade a vuoto per via di una lunga coda che gira due angoli dell'isolato, un'ora buona di attesa ad occhio e croce.
    Decidiamo allora di andare subito al
  • Museo del Tram Elettrico
  • , sito in una vecchia stazione abbandonata. È uno dei più belli e stimolanti musei della tecnica che abbia visitato, non tanto per la collezione custodita, di per sé comunque di valore, ma perché è uno dei pochi musei vivi dedicati al genere: su un percorso di circa cinque chilometri, ogni domenica i curatori ed i volontari della Fondazione fanno sferragliare i pezzi della collezione, da loro stessi acquisiti, restaurati e tenuti in esercizio. Oggi hanno fatto uscire dal deposito-hangar una bellissima vettura viennese degli anni Trenta (in cui si legge anche il cartello "Vietata la salita ai Giudei"), una sua coetanea praghese, una più vecchiotta di Groningen con rimorchio aperto e, infine, una vettura Amsterdam 1920 su cui prendiamo posto.
    Ci sono per lo più anziani e famigliole, noi siamo un po' fuori luogo per la giovane età: c'è anche un pensionato della GVB, l'azienda dei trasporti di A'dam, in sandalo con calze nere, calzoncini, occhiali scuri, baffi a manubrio e... rutto libero alla partenza!
    C'è chi è feticista dei piedi, chi della biancheria intima, chi delle orecchie (eccomi!), ma anche chi dei tram (eccoci!): il viaggio è un piacere per la vista e per l'udito, la mano artigianale ma non troppo dei curatori del museo si vede ovunque. Le rotaie, dono delle ferrovie olandesi NS, non sono posate a regola d'arte, la linea elettrica di alimentazione è stata progettata da un vecchio ingegnere del GVB a riposo e montata, nelle domeniche pomeriggio, da un operaio delle officine delle ferrovie di Rotterdam. Ai passaggi a livello, il bigliettaio scende e ferma il traffico con una bandiera rossa, anch'essa dono delle NS: ha la facies di un immigrato asiatico, ci prende subito in simpatia visto il nostro grado di attenzione e di godimento di tutto il complesso, ci racconta delle sue scorribande da giovane InterRailer in Italia, sospinto da una passione insana che lo ha portato perfino a prendere fumose littorine su oscure linee siciliane... Ci lascia rimanere, contravvenendo al regolamento, a bordo durante la manovra d'inversione della marcia e, al capolinea, ci offre un altro viaggio gratis sulla vettura viennese che dovrà guidare: a malincuore gli diciamo garbatamente di no, perché vogliamo continuare a girare in città e perché vogliamo fare un po' di shopping nel negozietto del museo. Un po' di shopping si tramuta nell'acquisto di libri, materiale vario e di una pesantissima ma invitantissima (visto il prezzo irrisorio di 5€) tabella di destinazione dei tram di A'dam, che però non ci permette di girare agevolmente in città e nemmeno di passare inosservati: dopo averla lasciata nei cassetti a chiave della stazione, prego di non trovare al ritorno gli artificieri in assetto operativo...
    Per raggiungere la prossima tappa, la cappella clandestina dei tempi della Riforma,
  • Nostro Signore nel solaio
  • , attraversiamo il cuore dello squallore e del sudiciume urbanistico ed umano, il tanto decantato quartiere a luci rosse: vicoli che puzzano di piscio, mignotte sfatte in vetrina, per lo più immigrate del Suriname che richiamano la nostra attenzione sbattendo enormi falli di gomma nera alla finestra, umanità tossicodipendente per abitudine e per turismo (e qui i nostri compatrioti danno il meglio di loro stessi), famigliole di turisti, olandesi in bicicletta, abitanti che ormeggiano le barche nei canali o che scendono a buttare la spazzatura uscendo dallo stesso portone su cui campeggia un invito al neon rosso a servirsi delle videocabine con tutte le ultime novità, disciplinati plotoni di giapponesi, saccopelisti di ogni nazionalità, insomma di tutto e di più... Il museo ci sembra una piccola oasi in mezzo a tanta carnalità, a tanto squallore: quando i protestanti incazzati neri con Roma vietarono il culto cattolico in città, il mercante proprietario della casa che ora visitiamo ottenne la deroga di poter officiare in casa senza limitazione alcuna. Ribassò allora i solai dei piani inferiori e abbatté quelli fra il secondo ed il terzo piano, ottenendo uno spazio enorme in cui ricavò una chiesetta, con tanto di organo e pala d'altare, usata ancora oggi per matrimoni chic e concerti.
    Scappiamo a gambe levate dal marasma di peccatori che ci circonda e ci rifugiamo in un bel parco verde, letteralmente assediato da locali e da turisti, gran parte dei quali rigorosamente muniti di canna accesa: c'è anche chi organizza il tiro alla fune, ma una delle due squadre è composta per metà di avvinazzati e per la restante metà di accannati, perciò ad ogni mano perde sempre miseramente. C'è anche un tizio male in arnese, la tipica physique du rôle del pugnettaro da parco, che intrattiene una penosa conversazione in inglese con due turiste vecchiotte che si sono imprudentemente accomodate sulla stessa panchina per riprendersi qualche minuto: l'abbordaggio delle straniere è uno sport praticato anche dai vecchi tranvieri, in calzoncini e saldali con calzino, con qualche risicato successo solo in virtù del ruolo salvifico ricoperto da queste persone, in una città dalla toponomastica ingannevole e gutturale. Solo io non riesco a scalfire un sorriso alle giunoniche manovratrici con il mio charme e i miei timidi tentativi di erudizione fonetica neerlandese, visibilmente nervose per il turno estivo-domenicale e per l'imperizia dei turisti che nulla sanno, nulla capiscono e nulla vedono, neanche un tram sferragliante a sei casse che sta per piombarti addosso dietro la curva...
    Torniamo nell'epicentro del vizio per assistere ad un concerto d'organo e, mentre faccio la fila al pissoir sul lungocanale davanti la Oude Kerk, il duomo vecchio, vedo un tizio dell'Esercito della Salvezza che brandisce un enorme cartello su cui è riportato un passo del Vangelo di Luca e che sta riportando a più miti consigli due potenziali clienti "vetrinisti" di mezza età. Durante il concerto, dalle vetrate smerigliate vedo i bagliori di un neon rosso che pulsa intermittente: il contrasto è terribile, fra dentro e fuori. Stridente è pure l'immagine dell'organista tedesco ospite — molto bravo — che si accomoda a cena nella sala da pranzo del pastore della Oude Kerk, praticamente a piano terra, nel vicolo che dà su un postribolo a vetri molto trafficato: anche loro, in un certo senso, stanno in vetrina.
    Assieme all'australiano che ci ha raggiunti in chiesa, prendiamo un po' di cucina greca da asporto e consumiamo avidamente il tutto seduti sulla banchina di un canale molto tranquillo: il silenzio è rotto soltanto dallo scampanellare di qualche ciclista isolato o dalle grida avvinazzate di saluto dei Captain Stabby, dei gitanti su barca di ritorno dalla crociera domenicale.
    Gli ultimi minuti ad A'dam sono caratterizzati da una corsa fuori programma al deposito bagagli ché si avvicina l'ora di chiusura: una volta recuperata sul filo dei secondi, scappo a gambe levate con la famosa tabella tranviaria in spalla onde evitare imbarazzanti domande del custode del deposito e conseguenti, spiacevoli equivoci...

    PS la mia scarsa dimestichezza col codice delle pagine unita alla pigrizia innata mi hanno portato a copiare impunemente pezzi di linguaggio belli e pronti per i link esterni, con i disgraziati risultati grafici che potete ben vedere: me ne scuso e me ne dolgo, ma non capisco né ho voglia di capire l'arcano nerdico che si nasconde dietro ai link pallettati, perciò sopportateli senza dir nulla!

    17.8.06

    Sul patrio suol...


    Ieri, alle ore 22,00 ora di ROMA!, ho messo finalmente piede a casa dopo 12 giorni di lontananza dal suolo italico: i compagni di viaggio (compatrioti) hanno fatto di tutto per non farlo rimpiangere, ma è bastato un piattone di pasta al sugo di mammà per far ritornare in alto il morale tricolore!!!

    Viva l'Italia!!!

    PS per coloro che temevano di ricevere questa notizia, confermo che il diario (breve) da me tenuto su carta durante il viaggio sarà presto trascritto e i due post precedenti, vergati sotto effetto di alcol e stanchezza turistica, verranno sistemati

    PS2 un autostop improvvisato davanti l'ostello di Haarlem aiutandomi con il souvenir tranviario acquistato ad Amsterdam

    11.8.06

    Spero, promitto e iuro reggono l´infinito futuro???

    Salve a tutti, cari visitatori del Kabinett!
    Purtroppo non ho avuto tempo nei giorni scorsi per aggiornare il blog con le mie scorribande, mi riprometto di postare qualcosa il piú presto possibile.
    Vi basti sapere che siamo tutti in ottima salute, che ingrassiamo giorno per giorno e che ci troviamo nella profonda provincia dell´Est della Germania, a Greifswald in Pomerania: il tempo è una vera chiavica, piove leggermente e fittamente, penso che l´ambito tuffo nel Baltico debba essere per forza di cose rimandato a periodi più soleggiati.
    Vi lascio, liebe Kabinettbesucher, perché sta finendo il tempo nell´Internet a minuti nella postazione del café in cui mi trovo.

    Bis bald und Tschüß!

    6.8.06

    Secondo post olandese - 5/8/06

    Stamattina (6 per chi legge) decido di farla finita sul presto con la rincorsa del sonno che, nonostante la stanchezza, sembra infischiarsene di tornare a farmi compagnia: cosi`, nell`ostello deserto, mi accomodo al pc mangiamonete ed eccoci qua...

    Dunque ieri abbiamo capito qualcosa di piu` di questo popolo che ci ospita, allegro e casinoso, eppure malinconico e silente, un po` come questo tempo atlantico che accompagna le nostre giornate, incerto, a tratti soleggiato e caldo, improvvisamente scuro e minaccioso: insomma, il segreto del ben vivere olandese sta tutto sulle due ruote (a pedali, ovviamente). Insomma, strafocarsi di patatine fritte condite con litri di maionese e salsa alle arachidi (vomitevole per me), di birra bianca Wieckse o di Amstel Pils e poi sfoggiare una costituzione grissino, magra e allampanata, non puo` che celare un patto mefistofelico: il Demonio con cui i primi neerlandesi hanno fatto armistizio doveva essere sicuramente un appassionato ciclista, perche` con il cavallino d`acciaio qui si fa praticamente tutto.
    Si va in giro (quasi ovunque), si guardano le vetrine, si chiacchera con gli amici, si passeggia con la ragazza (sul portapacchi), si porta ogni genere di roba o di articolo commerciale. E, last but not least, si bruciano un sacco di calorie.
    Chi dice che non e` vero perche` l`orografia olandese e` stata spianata col ferro da stiro e poi inamidata, non ha mai biciclettato in una giornata ventosa, come e` successo a noi.
    Per calarci al meglio nello spirito nazionale e per risparmiare qualcosina sui cotosi biglietti dei mezzi pubblici, deidiamo di prendere a nolo due pseudo-mountain bike, con il manubrio tipo "Olanda" (appunto), quello largo e leggermente flesso, e ci lanciamo cosi` sulla fitta rete ciclabile.
    Raggiungiamo il centro per aspettare l`apertura del Frans Hals Museum una raccolta di pitture della cosiddetta Epoca d`Oro olandese (il Seicento in poche parole), subito dopo la Grote Sint Bavo Kerk, la bellissima Cattedrale di San Bavone strappata al controllo di Roma dai Calvinisti incazzati col Papa Re, dove abbiamo visitato uno degli organi piu` antichi e piu` potenti d`Europa: mio fratello, quale studente organista, e` stato accontentato dal giovane titolare aggiunto che ci faceva da guida, a noi e ad un folto gruppo di fiamminghi eccitati e inorgogliti per la nostra presenza, ed ha potuto cosi` suonare sulla tastiiera in tartaruga due brevi brani della scuola italiana, fra l`emozione di tutti quanti.
    Decidiamo, una volta usciti, di andare a vedere le chiuse del canale del Mare del Nord, che impediscono che noi, ma anche tutti i pappa, le mignotte, i cannari di Amsterdam (nonche` la restante parte dei neerlandesi lavoratori e rubizzi) travolti dall`Atlantico. La strada non e` lunga, solo 5 km, ma arzigogolata e battuta da un vento impetuoso, che ci fa impiegare quasi un`ora: le fatiche sono ripagate dall`attesa del transito di una enorme portacontainer che si dirige in mare aperto e la cui lunga sosta nella chiusa ci permette di mangiare un piatto di pesce al bistrot che sta sullo sbarramento di terra che separa i due bacini.
    A meta` pasto ci accorgiamo che un`enorme sagoma nera armata a Panama si muove lentamente scortata da due rimorchiatori, che vicino a lei sembrano lillipuziani, e tutto cio` mi commuove: penso ad una vecchia e ripettabile signora portata per mano da due nipotini sotto casa.
    Che cosa puo` la forza di volonta` dell`uomo, la sua Wille zum leben, aber zum Macht auch.

    Be`, tempus fugit, il buffet per la colazione e` aperto e mi appropinquo.

    Dag, a presto!

    4.8.06

    Primo post olandese - 4/8/06

    Spendendo un po' di Euri sono riuscto ad accedere al collegamento internet dell'ostello che ci ospita, ma lo schermo ha una risoluzione miope e leggo male le lettere sullo schermo, dunque prego di sorvolare i visitatori sui possibili ed inevitabili errori di battitura e di prosa.

    Dunque, partenza da Ciampino: afa, sole, folla e... un bel "security alert" che ci ha fatto uscire di corsa, in fretta e furia, l'aerostazione per colpa di un idiota che ha lasciato il bagaglio incustodito e, diciamolo pure, dei fondamentalisti che hanno distrutto ogni parvenza di levita' e di romanticismo nell'aviazione civile: il commento del ground doctor in camice verde al bar e' stato piu' che eloquente "tanto casino per un bagaglio e poi il parcheggio delle auto dei visitatori sta sotto la torre di controllo e vicino alla centrale elettrica... e vabbe'
    Si rientra, si sale a bordo, assieme ad olandesi abbrustoliti ed italiani tediosi che gia' sognano canne in liberta' e serate sfrenate nei bordelli multipiano e multirazza del Dam: pietosi i primi, ignobili i secondi.
    Sulle Alpi comincia a vedersi un banco pressoche' uniforme di nuvole che ricopre tutto il centro Europa e che e' lo sfondo celeste di questa prima giornata neerlandese: sballottato dalla turbolenza non posso esimermi di pensare alla tenacia dell'uomo che ha aspettato cento anni per mettere il culo in aria quando le due turbine scaricano a terra un paio di centinaia di tonnellate di spinta al decollo e tu schiacciano al sedile: sulla scaletta dell'aereo una volta atterrati (dove soffia un vento terribile, che fa pentire un Fritz di essersi vestito tutto di lino, tipo colonia in Suriname e me che non ho ancora cacciato la felpa dallo zaino) che la tenacia dell'uomo si riduce nella distruzione del continuum spazio-tempo e che, percio', mentre zompetto incerto sui gradini a tremila km da casa, tre ore fa ero a casa ad allacciarmi le scarpe in bagno, guardando fuori dalla finestra il campo di calcetto in costruzione. Formidabile.
    In treno si alternano violenti acquazzoni e schiarite temporanee, miste a dighe, canali, acquitrini, cristiani, atei, piccine, mandrie, chiatte, tutto rigorosamente a quota + (o -) 0,00 s.l.m.: un vecchio proverbio olandese recita "Dio creo' la Terra, ma non l'Olanda. A quello hanno pensato gli olandesi." Nulla di piu' vero, nulla di piu' tenace.
    In ostello incontriamo un canadese figlio di bergamaschi emigrati che si appiccica a noi perche' spaesato e perche' mosciamente canadese, con poca fantasia ed un solo chiodo (anzi tre, calcio, cibo e canna - donne ancora non ho capito, speriamo bene): alla fine lo smolliamo nella piazza principale per andarsi a cercare il bar dove danno Ajax-Inter.
    Noi ci godiamo un concerto di boh... un nero che rappa, due vecchi con sassofono (dipinto bianco) e contrabasso elettrico ed un dj che pesta anche su una batteria, il tutto guarnito da 50enni e giovani come noi che ballano, ridono e scherzano, ovviamente con la birra in mano (come noi del resto).
    Giuro, sono matti questi olandesi. E percio' li adoro!

    Tot ziens, a presto.

    11.7.06

    Il delirio





    L'arrivo, l'omaggio delle Frecce Tricolori, la festa del Circo Massimo
    [Fotocronaca Ansa]

    10.7.06

    Che la festa cominci… e non finisca più!!!


    Campioni del mondo in terra di Germania!!!

    7.7.06

    In loving memory


    I lavoratori della metropolitana londinese ricordano in silenzio le vittime dell'attentato di un anno fa

    [Reuters]

    25.6.06

    Spunti di letteratura marranzana

    Due passi tratti da "A ciascuno il suo" di Leonardo Sciascia: 'u marransanu è il famoso scacciapensieri trinacriota (il Garzanti lo vuole discendere dal nome con cui sull'Isola si chiama il grillo canterino — perché ci sono grilli silenti?), donde ho coniato l'aggettivo.

    — C'è gente che in vita sua ha mangiato magari una mezza salma di grano maiorchino fatto ad ostie: ed è sempre pronta a mettere la mano nella tasca degli altri, a tirare un calcio alla faccia di un moribondo e un colpo a lupara alle reni di uno in buona salute… [cap. VIII]

    — La sua [riferito ad uno dei protagonisti, abbattuto a colpi di lupara, NdR] era stata una curiosità umana, intellettuale, che non poteva né doveva confondersi con quella di coloro che la società, lo Stato, salariavano per raggiungere e consegnare alla vendetta della legge le persone che la trasgrediscono o infrangono. E giuocavano in questo suo oscuro amor proprio i secoli d'infamia che un popolo oppresso, un popolo sempre vinto, aveva fatto pesare sulla legge e su coloro che ne erano strumenti; l'affermazione non ancora spenta che il miglior diritto e la più giusta giustizia, se proprio uno ci tiene, se non è disposto a confidarne l'esecuzione al destino o a Dio, soltanto possono uscire dalle canne di un fucile. [cap. XIV]

    — 'Che popolo', pensò con un disprezzo venato di gelosia: e che in qualunque posto del mondo, là dove l'orlo di una gonna saliva di qualche centimetro sul ginocchio, nel raggio di trenta metri c'era sicuramente un siciliano, almeno uno, a spiare il fenomeno. [ibidem]

    1.6.06

    Buon 2 giugno!



    Facciamo garrire il tricolore alle finestre e sui balconi, anche se non la nazionale non gioca ancora…

    Eternal Father, strong to save…


    Eternal Father, strong to save,
    Whose arm hath bound the restless wave,
    Who biddest the mighty ocean deep
    Its own appointed limits keep;
    Oh, hear us when we cry to Thee,
    For those in peril on the sea!

    [Whiting, Dykes, "Eternal Father, strong to save", 1860: anche oggi, con queste stesse parole, la gente di mare anglosassone, che navigi per necessità o per professione, si rivolge a Domeneddio per ritornare in porto sana com'era salpata]

    [in figura: F.E. Church "The Wreck" (1826-1900)]

    15.5.06

    Die Abgottesdämmerung | La caduta dell'(unico)idolo

    "A terra è Bel,
    rovesciato è Nebo;
    i loro idoli sono per gli animali e le bestie,
    caricati come loro fardelli,
    come peso sfibrante.
    Sono rovesciati, sono a terra insieme,
    non hanno potuto salvare chi li portava
    ed essi stessi se ne vanno in schiavitù."

    — Isaia, 46, 1-2

    20.3.06

    Queen Victoria is back!

    [da corriere.it 20/III]
    Donne e spot: salvate Rocco. O vietateli tutti
    Dopo il no del Giurì alla pubblicità delle patatine: abbiamo visto di peggio

    Ma sul serio non possiamo più vedere Rocco Siffredi con le patatine? Davvero lo spot bocciato offende «le nostre convinzioni morali e civili» nonché «la dignità della persona?». E poi: dopo esserci sorbiti per anni un siciliano macchietta (lesivo della dignità del popolo della Trinacria) che blaterava «io ce l'ho profumato» (lesivo della sensibilità di tutti i maschi normo-odoranti) siamo davvero a rischio volgarità-indecenza per due battute in piscina? Sembra di sì.
    Ormai è andata. Il Giurì che regola la disciplina pubblicitaria ha stabilito che lo spot delle Amica Chip non dovrà più essere trasmesso. E' un peccato — opinione personale condivisa da altri teleutenti immorali, maschi e femmine — perché era uno dei pochi che, nella sua scemenza, ci faceva ridere. La pornostar Siffredi passeggiava a bordo piscina, dotato di patatine, circondato da bellone in bikini (neanche nude, negli spot degli anticellulite si vede assai di peggio, per molte donne è proprio indecente doversi confrontare con certi glutei). E dichiarava: «Ne ho assaggiate tante». Proclamando la superiorità della Chip Amica. Raccomandando: «Fidatevi di chi ne ha provate molte». Si chiudeva con lo slogan storico della casa — lanciato nel 2002, insomma se ne sono accorti dopo quattro anni — e cioè «la patatina tira». Doppio senso volgare, non c'è dubbio. Allo Iap, istituto di autodisciplina pubblicitaria, sono arrivate segnalazioni indignate (in primis quella del Moige, il movimento italiano genitori, sempre ignaro della sempre più nutrita fascia di genitori sciagurati con figli bacchettonissimi, peraltro). Problema segnalato dallo Iap: «Le donne vengono equiparate a un bene di consumo... c'è un univoco significato latente».
    Fermo restando che «sicuramente il testimonial non è in discussione». Sicuramente? Non del tutto. Nessuna donna mediamente informata può rimanere turbata alla notizia che Siffredi ha avuto molte esperienze in materia (anche le pornostar vanno alle happy hour con patatine, che diamine). Molti ragazzini potrebbero provare-aver provato turbamenti causa rivali in amore che si sfregiano per un aperitivo (più grave della sperimentazione in fatto di patatine, che è interessante, spesso gradita, legale; lì si va sul penalmente perseguibile); molte ragazzine — e adulte — potrebbero essere rimaste male guardando lo spot sadomaso della ragazza che lustra col suo corpo l'auto del moroso per ottenere una mentina che le viene poi negata. Per cui sorge un sospetto: al di là dell'indubbia volgarità casereccia dello spot Amica, non è che gli uomini del Giurì si sono innervositi? Più che per i doppi sensi, per Rocco? Che il pornodivo diversamente dotato più che offendere le donne metta in ansia i maschi, almeno quelli che deliberano? In un panorama pubblicitario in cui il nudo, l'ambiguo, l's/m purché eleganti (e mica sempre) la passano liscia, censurare il filmatino goliardico delle Chips pare un'ingiustizia, francamente (e poi: di tutti gli altri spot qui citati si ricorda con fatica la marca; in quello di Rocco la memoria è immediata; come pubblicità funziona meglio, allora, ammettiamolo).

    Maria Laura Rodotà

    15.3.06

    A buon intenditor, poche parole

    DIECI REGOLETTE FACILI FACILI

    1. Un presidente del consiglio non si alza e se ne va. Se lo fa mostra di essere un debole e sbaglia. Ma è suo diritto farlo.
    2. Il conduttore di una trasmissione deve fare di tutto per arrivare alla fine. Soprattutto se capisce che l'intervistato sta cercando l'incidente.
    3. L'aggressività non è l'arma migliore per le interviste.
    4. Se l'intervistato dice: "Mi faccia finire di rispondere", bisogna farlo finire. Ma attaccare e insultare l'intervistatore non è una grande idea.
    5. L'intervistato non può suggerire le domande. Però bisogna fargliene di migliori.
    6. Non può nemmeno dire "Ho a disposizione questa intervista..."
    7. Ma nemmeno il conduttore può dire: "Questa è casa mia".
    8. Il conduttore deve essere preparato. E ha una sola arma: le domande. L'intervistato deve conoscere la differenza fra un comizio e un botta e risposta.
    9. Ho l'impressione che sia il presidente che la giornalista abbiano approntato un trabocchetto e che tutti e due ci siano cascati.
    10. Se invece di una intervista si fa un dibattito ci vuole il moderatore.

    Claudio Sabelli Fioretti

    12.3.06

    Plurale majestatis/2

    Seconda (ed ultima parte) del mio incontro virtuale col Sabellone

    «Ok, mi sta bene la sua poetica giornalistica, che condivido, seguo, apprezzo e sosterrò sempre. Quando tentiamo di stimare quanti seggi potenziali perdono o conquistano gli ultimi due intervistati, ammettiamo implicitamente il potere di zavorramento del voto che l'Informazione può esercitare o, meglio, di indirizzo (voluto o no) delle coscienze dell'elettorato. È la scoperta dell'acqua calda. In guardia, però, i rischi sono sempre dietro l'angolo, anche quando si pensa di agire nella maniera più deontologica possibile. Le contraddizioni di Fini, Dell'Utri e compagnia cantante – di cuiperaltro gran parte delle persone sono a conoscenza e ne comprendono gli effetti – dovevano per forza essere eviscerate ad un mese dal voto? Va bene, è il governo uscente e bisogna dargli la pagella: ma non è altrettanto (se non più) efficace il confronto su base relativa con gli sfidanti della parte avversa? Tanto più che le magagne che i sopracitati personaggi portano appresso fanno ormai parte del bagaglio informativo della maggior parte dell'elettorato? Ai posteri l'ardua sentenza. Per i viventi… dubbi e frustrazioni di vario genere alla vigilia del voto.»

    «Se io facessi dei faccia a faccia farei dei confronti. Faccio delle interviste invece.» (csf)

    11.3.06

    Plurale majestatis

    Come si sa, l'editoriale del direttore del Corriere della Sera Paolo Mieli ha suscitato molto clamore: riporto il botta e risposta avuto con Claudio Sabelli Fioretti sul suo blog a proposito della vicenda.

    «Rimango, come tutti, molto sorpreso dalla "spalla" di Mieli. E sconfortato, perché sento che ho perso un altro grande ed obiettivo riferimento, il Corsera. Siamo tutti grandi e hobbesianamente vaccinati per non credere, come seminaristi in ritiro, alla sempiterna buonafede nell'imparzialità delle testate e di chi ci lavora, però il gesto è pesante. Oltre ad aver dato al Berlusca un altro motivo di urlacchiare nei radio–giornali che i comunisti sono ancora fra noi, che occupano i posti di rilievo nell'industria dell'informazione e che i famosi bambini vengono serviti all'acqua pazza sulle tavole imbandite di questi ultimi (cosa di cui francamente – in questa terribile campagna elettorale ad alzo zero – non ne avvertivamo affatto la necessità), si è gettata così su via Solferino un'ombra pesante e diciamo pure carica di delusione. Quella di Mieli non è affatto una dichiarazione personale, le frasi volte al plurale non sono "di maestà": è un messaggio, sia pure largamente condivisibile e sottoscrivibile per l'inattaccabilità del ragionamento, che riporta opinioni diffuse nella redazione. Condivisibile sì, ma non quando appare sulle colonne di un quotidiano come Corsera. E poi, tirata d'orecchie anche a lei, caro CSF: in piena campagna elettorale, la settimana scorsa Dell'Utri, ora Fini… ma allora ve la cercate proprio, eh?!?»
    ***
    «Esistono due maniere di considerare il giornalismo. C'è chi pensa che l'importante è occupare spazio. Non importano i contenuti. Basta farsi vedere. E' la via "televisiva". Nessuno ti ascolta, nessuno ti legge, ma tutti ti vedono e sanno che esisti e quindi tu guadagni importanza, visibilità e in definitiva consenso. C'è chi pensa che l'importante è quello che dici. Io non so chi abbia ragione. So che seguo la seconda via. Lei pensa che Dell'Utri e Fini abbiano guadagnato voti a causa della mia intervista? Io sono proprio contento di averli intervistati in questo periodo perché è in questo periodo che avevo la possibilità di metterli di fronte ad alcune contraddizioni.» (csf)

    4.3.06

    Nessun dorma!


    Le Olimpiadi invernali si sono chiuse una settimana fa. Purtroppo dico io, perché, oltre a costituire un ottimo ansiolitico per le nostre coscienze, afflitte da una campagna elettorale ad alzo zero (nello spessore dei contenuti come nell'angolo di tiro delle bocche di fuoco), è stato il momento per tirare fuori dalla naftalina il nostro orgoglio nazionale.
    Oltre a vedere esposti i marchi ben noti dell'industria e dell'artigianato "Fatto in Italia" (che qualche volta deludono, vedasi l'orrendo giaccone della Nazionale color neve sporca sotto il parafango), abbiamo scoperto altri motivi di piacere.
    Oltre a vedere il tricolore issato dai carabinieri in grand'uniforme e dalla loro brava Banda musicale (che quando c'è bisogno di aprire il salotto buono fanno sempre la loro figura) e, qualche volta, garrire sul pennone più alto nel vento gelido, oltre a provare un poderoso orgasmo nell'assistere al poderoso sforzo di Di Centa che pompava un oro sul traguardo, sfatto di gioia e di fatica, un altro momento ci ha regalato un autentico brivido nella colonna vertebrale.
    Proprio alle battute conclusive della favolosa cerimonia d'apertura ecco sbucare Big Luciano Pavarotti e lanciarsi con l'orchestra nell'accorata e commovente aria della pucciniana "Tourandot": un acuto che ha trapassato ben due miliardi e rotti di teleschermi e che ha eccitato l'entusiasmo degli spettatori dello stadio, che hanno salutato l'esecuzione con un tremendo boato di gioia, ben più grande di quello che ha accompagnato le ultime note di "Imagine" suonate senza troppo impegno da Peter Gabriel.
    Gioia di essere protagonisti della scena. Gioia di sapere, e scusate se è poco, che quasi tutto il globo terracqueo conosce ed apprezza le note di Puccini, che quella sera acquistavano un significato particolare.
    Tranquilli, non sono malato di nietzschiana Wille zum Macht, non sono ebbro di volontà di potenza e di deliri nazionalistici.
    Anche se qualche nostro vicino d'Europa qualche volta riesce a tirarcelo fuori, facendoci prendere un discreto travaso di bile.
    Il caso Enel è l'ultimo in ordine di tempo. Pensiamo ad Alitalia ed al salvataggio di Alstom (sempre francese) rianimata da Parigi con un viatico da miliardi di euro, pur essendo pratica turpe e vietata.
    Realizzare che su questo continente contiamo, a torto, come il famoso due di coppe e che, con noi, valgono sempre due pesi e due misure è come un po' scoprire l'acqua calda. E, per chi crede nei valori della bandiera stellata blu e oro, quest'acqua è proprio rovente, provoca delle terribili ustioni emotive.
    I soliti tedeschi insegnano: quando i dirigenti delle ferrovie francesi presero contatti con i loro colleghi teutoni per acquistare delle tracce orario (diritti di transito) per realizzare un collegamento ad alta velocità con Monaco, si sono sentiti risponde, con ferma educazione, picche.
    Motivazione ufficiale: "Infrastruttura prossima ai valori di saturazione".
    Leggasi: "Finché non ci permetterete di far arrivare il nostro ICE fino a Parigi, il vostro TGV non circolerà mai sulla nostra rete."
    Dunque, "Nessun dorma!".
    Leggasi: "Accà nisciuno è fesso!"

    20.2.06

    Oltre…

    «Vorrei scendere e camminare e abbracciare il vento, ma non posso. Mi piacerebbe andare incontro al temporale correndo, ma non posso. Vorrei innalzare un inno a questo spettacolo meraviglioso, ma le parole mi nascono nel cuore e mi muoiono in bocca. Dovrei essere uno spirito libero per poter gioire, ora. Sono invece un uomo provato dalla Sofferenza e dalla perdita della Speranza. Non sono solo, ma provo solitudine. Non è freddo, eppure provo freddo. Tre anni fa mi sono ammalato ed è come se fossi morto. Il Deserto è entrato dentro di me, il mio cuore si è fatto sabbia e credevo che il mio viaggio fosse finito. Ora, solo ora, comincio a capire che questo non è vero. La mia avventura continua, in forme diverse, ma indiscutibilmente continua. Nove anni fa, nel Deserto del Sahara, stavo cercando qualcosa. Credevo di essere alla ricerca di me stesso e mi sbagliavo. Pensavo di voler raggiungere un traguardo e mi sbagliavo. Quello che cercavo non era il mio ego o un porto sicuro, ma una rotta verso quella terra per me così lontana dove abitano Amore e Speranza.»

    — "Il Maratoneta", StampAlternativa, Milano 2003

    Non voglio fare né temini né piagnistei da coccodrillo.
    Luca Coscioni è finito oggi ad Orvieto.
    Non sono stato e non sono tuttora un fiancheggiatore dei Radicali, non mi trovo d'accordo con le posizioni ch'essi esprimono.
    C'è bisogno di libertà in molti campi del vivere civile, ma non libertà di farsi la canna per strada.
    Di quello chissene, non è una priorità riconosciuta. Invece quello che preme è che nella ricerca scientifica si debba andare finalmente oltre.
    Oltre i preconcetti, i dogmi, le convenzioni. Fin dove è naturalmente lecito osare.
    Ognuno ha diritto ad agire in coscienza.

    14.2.06

    Rosa fresca aulentissima


    [Pietro Tenerani (1789-1869), "Psiche Svenuta", 1822, Galleria Nazionale dell'Arte Moderna, Roma]

    "Rosa fresca aulentissima ch' apari inver' la state
    le donne ti disiano pulzell' e maritate:
    tràgemi d'este focora, se t'este a bolontate;
    per te non ajo abento notte e dia,
    penzando pur di voi, madonna mia."

    — Cielo d'Alcamo, "Contrasto", vv. 1-5

    12.2.06

    Bel tempo che fu

    Ieri sera si è consumato un evento (modestino nei contenuti, per la verità) cui di solito si partecipa quando si compiono gli "…anta": la festa degli ex alunni del liceo.
    Una veloce riconversione dell'associazione da simpatizzanti destrorsi a comunità di ex Aristofaniani ed eccoci qua, davanti alle vetrate dell'atrio, come quasi dieci anni fa quando ci assiepavamo con le facce di bambini e le prime sigarette in bocca aspettando la campanella del primo giorno.
    Se non fosse stata per l'ora e l'arredo vagamente cimiteriale (lumini piccoli IKEA of Sweden), l'atmosfera poteva dirsi la stessa: le fisionomie erano pressoché immutate, nonostante il tempo (non poco) passato, le strade che si sono allontanate, gli impegni, gli amori e le passioni. Le sigarette c'erano sempre e comunque e qualcuna (ha confessato) aveva anche le mani spugnate per l'emozione.
    C'erano pure persone che non vedevi da un sacco e che ti ha fatto piacere riabbracciare.
    C'era pure qualche testa di cazzo, che non avresti più voluto vedere per il resto dei giorni, che pativa però la giustizia del tempo, acuita da una vita evidentemente insana.
    C'era addirittura chi aveva lo stesso maglione di quando arrivava la mattina alla I ora.
    Qualcuno ha assunto movenze da piglianculo, qualcun altro si è ripulito.
    Un paio di fanciulle, all'epoca interessanti ed inflazionate, si sono irrimediabilmente rovinate: quelle che non gli davi una lira invece sono salite nella top ten. Altre sono rimaste belle come l'ultimo giorno.
    Risate. Cenni. Colpi di tosse.
    Anche un po' di malinconia.

    7.2.06

    Taglia, in nome di Dio!

    Così si rivolge il capovaro alla madrina designata (solitamente una sciccosissima signora agée della buona alta borghesia mercantile, meglio se con due cognomi) all'atto di fargli lanciare la fatidica bottiglia di champagne contro lo scafo metallico, che attende di potersi infilare finalmente nel suo elemento dopo essere stato covato e pasciuto nel ventre del bacino di carenaggio.
    O almeno così dicevano i capivaro, perché al varo del nuovo incrociatore portaerei Cavour della nostra MM il capovaro, emozionato dalla sciccheria della madrina, ha piegato la millenaria e ruvida consuetudine di marina del "tu" alle regole del bel mondo glamour che impone il "lei" nella conversazione ("Tagli, in nome di Dio!", un po' fantozziano)
    Ma questi sono dettagli: però, chi qui approderà, in qualunque modo e con qualunque intenzione, dovrà presto fare i conti con questo modo di porsi, diciamo pure un po' da vecchio rompicoglioni, attento al particolare e riferente cose ormai desuete, a tal punto che nessuno se ne ricorda o ci pensa più. Uomo avvisato mezzo salvato. Appunto.
    Be', tanto che l'ho detto, mettiamo le cose in chiaro: potete partecipare ai post, criticare, dissentire, mandarmi a cagare, applaudire, commuovervi, mandarmi vaglia postali, ma sempre (SEMPRE!) a ragion veduta, ovvero argomentando i vostri perché.
    Io sono qui, sono conscio di propormi in pubblico, scrivo (quando posso) e ascolto chi ha qualcosa da dirmi.
    Però, rimanga inteso che, per non allontanarsi dal tema marinaro, il padrone del vapore sono io… e ciò, a chi vuole intendere, basti.

    Dunque, o Contessa Serbelloni Mazzanti Viendalmare, "Taglia, in nome di Dio!"