28.8.06

Quarto post olandese – 7/8

Il buffet mattutino della colazione è un ottimo momento per socializzare, visto che i cosiddetti "individual guest" devono per forza prendere posto in tavolate pre–assegnate in modo tale da non occupare (non sia mai, neanche per sbaglio, pena essere gentilmente ma fermamente redarguiti dal personale di sala!) i tavoli riservati ai gruppi o alle famiglie che possono vantare così un trattamento di favore, con tanto di segnaposto personalizzato. Stamattina, oltre alla solita giovane bibliotecaria di un liceo di Leeuwarden che approfitta del viaggio per andare a trovare la nonna che vive da queste parti per fare un po' di tipico turismo olandese (su due ruote, manco a dirlo), siedono madre e figlia canadesi della zona anglofona, in pieno grand tour europeo, i nostri compagni di stanza e un manipolo di giapponesi che però si guardano bene dall'attaccare bottone. Le due ospiti con la bandiera con l'acero sono abbastanza vivaci, la figlia soprattutto, che esterna una incontenibile voglia di... stringere amicizie con esponenti del sesso forte e di fare turismo culturale nella capitale: la sua meta quotidiana sono i centri commerciali sul Dam ed il secondo Sexmuseum di A'dam (eh sì, è talmente vasto l'argomento, che ne sono stati aperti ben due), cui penso si aggiungerà la madre, non certo giovanile d'aspetto (ribattezzata da mio fratello "Biscardi" per il taglio à la garçon della stessa tonalità rosso carota del tele–trombato pallonaro nazionale), che non conferma né smentisce una sola virgola del programma. Anche loro sono state a Roma, hanno goduto delle bellezze dell'Urbe quirite, hanno sventato uno scippo ad opera di tre piccoli zingari alla stazione Termini e la figlia ha preso parte ad un pub crawl organizzato da un suo connazionale di cui mi mostra orgogliosa la maglietta–memento: la cosa che non capisco è la ritrosia del nostro compagno di stanza che, solitamente con la bocca ebetamente cucita, alla vista delle connazionali si chiude in un mutismo patologico.
Oggi decidiamo di prendercela con calma in vista dell'impegnativo tour in programma per l'indomani e di fare un'altra "unità didattica" del nostro corso accelerato di lingua e cultura neerlandese: ci rechiamo infatti alla posta centrale per spedire la famosa ed ingombrantissima tabella tranviaria, che attira la morbosa curiosità di tutti i frequentatori dell'ostello.
Il facente funzione di receptionist, una specie di Giuliano [mio compagno di scuola, NdR], dice che la posta non apre prima di mezzogiorno e, pur sopreso, mi bevo questa informazione, che ovviamente poi si rivelerà falsissima: in Olanda, come pure in Germania, le poste fanno orario continuato dalle nove fino alle sei. L'ufficio è abbastanza frequentato e silenzioso come una chiesa, tutto è ordinato e pulito, colorato e professionale. Purtroppo le scatole montabili in vendita allo shop non sono della misura adatta ed esco in cerca di un negozio che mi regali un bello scatolone di cartone abbastanza grande. La fortuna mi arride e dietro l'angolo trovo un grosso ferramenta, il cui commesso, con una punta di ironia, mi invita gentilmente nel retrobottega "sure, check my waste": il deposito rifiuti è una rete nel magazzino su cui sono ordinatamente impilati tutti i cartoni in ordine di grandezza e mi sento un poco clochard mentre, con gioia, gli porto via due scatoloni della Bosch. Mentre ci affaccendiamo in due a confezionare una parvenza di pacco da noi classificato "mechanical parts inside", contravvenendo anche ad alcune fondamentali leggi della fisica, rompiamo il silenzio ieratico dell'ufficio con violenti colpi di taglierina sullo scotch teso e imprecazioni reciproche dovute alla concitazione del momento: dato che il nostro turno si approssima inesorabilmente, faccio dono del mio numero ad una ragazza in attesa (oculatamente scelta fra gli astanti, guarda caso tutti maschi) e lei accoglie l'insperata gentilezza profondendosi in una serie di gioiosi ringraziamenti e ribattendo con un sorrisone alle ironiche felicitazioni degli invidiosi compagni d'attesa, manco le avessi dato il biglietto vincente della lotteria Orange...
Adempiamo alle formalità postali velocemente e senza intoppi (l'impiegata, non certo giovane, parla un buon inglese, veste, come le sue colleghe, una divisa blu e rossa con fiocco al collo e ci presta persino un pennarello per scrivere l'indirizzo) e decidiamo allora, per festeggiare l'impresa che ha portato via un'ora buona, di abbandonarci ad un vizio tipicamente neerlandese, il cartoccio da tre euri di patatine fritte al chiosco più famoso di Haarlem.
Con la pancia piena e con l'olio in circolo nel sangue, ci apprestiamo a tentare per la seconda volta di forzare l'ingresso del Rijksmuseum ad A'dam. Dopo una ventina di minuti di ordinata e paziente fila, riusciamo ad entrare, ma la quantità di visitatori presenti, che si muovono forsennatamente come fossero api cui sia stato distrutto l'alveare, non mi fa godere appieno la vista dei capolavori della pittura fiamminga ivi custoditi: il senso di disagio è leggermente amplificato anche dalla presenza dei lavori di restauro di alcuni pezzi e di ampliamento dell'edificio, che durano ormai da sei anni ed il cui completamento è previsto per il 2009, che impongono un itinerario di visita notevolmente ridotto, con la conseguente eccessiva concentrazione di capolavori in poche e strette sale ("highlights exhibition" è il termine coniato per l'occasione, che campeggia su un gigantesco manifesto sulla facciata sopra l'ingresso). La celeberrima
  • "Ronda di notte"
  • di Rembrandt è stata posizionata nell'ultima sala a forma di aula magna universitaria, dove la tela è fissata su una specie di palco, cui è impossibili avvicinarsi senza essere redarguiti dal sorvegliante, mentre i visitatori prendono posto su cinque file a gradoni sul lato opposto dove possono rimanere seduti a contemplarla per qualche minuto, prima che un grumo di visitatori si accalchi sul corridoio intermedio reclamando giustamente il loro turno di paint–watching.
    All'uscita, vengo parcheggiato per un'ora e venti su una panchina del parco circostante in attesa che mio fratello concluda il suo shopping di spartiti nel negozio più fornito della città. Prima che l'sms della carta di credito mi confermi che il mio germano abbia soddisfatto la propria voglia di pentagramma a pagamento e rimpinguato le casse del titolare, ho tutto il tempo per essere circondato da due coppie di canna–turisti lombardi che per mezz'ora non fanno altro che trafficare con cartine e bustine di plastica trasparente, elogiare il tipo di cannabis neerlandese, ragionare sul modo di risparmiare ulteriormente sul budget di vacanza per poter comprare quanti più grammi possibili: alla fine, uno di loro, come folgorato da un'irresistibile eureka, propone a tutti quanti di lasciare l'albergo e trasferirsi nell'ostello da 10 euri al centro. La cosa mi fa venire un brivido sulla schiena, in quanto l'immagine dell'economicissimo ostello in questione si ripropone in tutto il suo sudiciume e la sua promiscuità delle camerate da venti letti che ho intravisto passeggiando ieri nel quartiere a luci rosse...
    Per fortuna, consumata la loro "merenda", i lumbard se ne vanno seguendo una traiettoria zig–zagante e rimango finalmente solo a sonnecchiare un po' e a godere di altri scorci di vita neerlandese. Il cielo non promette nulla di buono, eppure i campi da basket e da pallavolo sono pieni, due ragazzine di colore giocano a pallone sul prato (alla "Sognando Beckham") mentre una dark tutta anelli e tatuaggi gioca con un terranova lanciandogli nella enorme vasca della fontana una pallina da tennis che poi lui si diverte a recuperare col muso sott'acqua, i vialetti sono pieni di bici in moto e sdraiate sull'erba, proprio come i loro legittimi proprietari che gli stanno accanto.
    Ritornando verso la stazione incappiamo in un tranviere (o una tranviera?) sfottuto dal servizio più di tutti gli altri colleghi che abbiamo finora incontrato sulla rete della capitale e che evidentemente ha un importantissimo appuntamento al capolinea cui non può in nessun modo mancare: così saliamo sul treno con un leggero malessere avvertito per la prima volta nella nostra vita, il mal di tram...
    Rientrati in ostello ci facciamo una doccia (calda) per smaltire l'umidità accumulata nella giornata, una sana pennica e una chiacchierata con i nostri compagni di stanza: presi dal fervore locutorio non ci accorgiamo che si sono fatte praticamente le dieci di sera e che ormai il buffet è bello che chiuso. L'unica cosa aperta che troviamo in città è il Burger King della stazione, ma la fame prevale su tutto, con buona pace dei miei principi di etica culinaria e tutti i presupposti di turismo "sostenibile". Affanculo tutto, un crampo allo stomaco mi stava per stroncare una volta sceso dall'autobus!

    1 commento:

    Anonimo ha detto...

    Wow! Grazie! Ho sempre voluto scrivere nel mio sito qualcosa di simile. Posso prendere parte del tuo post sul mio blog?