3.4.07

FIP Tour marzo 07 – I puntata

sab. 17/3, h 22,15 — Roma–Basilea (sulla Direttissima tra Arezzo e Firenze)
Nello scompartimento da 4 cuccette c'è una coppia di giovani Mimì, lei nata in Svizzera, commessa, lui più in carne, della provincia di Avellino, di professione giardiniere: mangiano in silenzio, come solo uno svizzero vero sa fare, una "colombra", il tortone intoppante di Pasqua. Ogni tanto parte la suoneria a palletta "La testata di Zidane": "era Filomena…"
Arriva il conduttore, elvetico come il vagone, che parla con un sinistro accento italiano alla Villaggio ("puonazeeraa! I pilietti, pé fafoore… peenee") e ci ammolla il modulo giallo delle dogane svizzere che vuole sapere vita morte e miracoli in 20x40 cm. I due Mimì ci mettono dieci minuti buoni, si consultano frequentemente, c'è qualcosa che li turba: poi sento farfugliare "allora… salsicce… due forme di caciotta… no? c'è altro?". Sorrido impercettibilmente, fingendo di guardare fuori.
In corridoio risuonano accenti dell'agro aversano e del frusinate, segno che i Gästarbeiter (quasi un nome parlante omerico, "lavoratore ospite", vuol dire vieni, lavori, ma non rompi i coglioni) tornano ai posti di lavoro, d'altronde è sabato sera.
La suoneria di Zidane squilla gloriosa altre due volte, poi si acquietano, lui nel sudoku, lei in "Eva Express", che sfoglia con controllata avidità ed evidente soddisfazione, segno che il gossip svizzero non è così allettante!

dom. 18/3, h. 10,48 — Basilea–Colonia (sull'ICE tra Karlsruhe e Mannheim)
Notte tranquilla, veglia a tratti come al solito, ma la carrozza è morbida e confortevole e non si balla troppo. I Mimì dormono fino alle otto, io alle 6,30 sono ben desto e alle 7 mi appiccico al vetro a vedere il treno che si arrampica sulle rampe del Gottardo, facendo tanti cerchi a spirale per guadagnare pendenza: una volta scesi a valle, guardando il fianco della montagna, si vedono i convogli che sbucano a quote diverse che procedono nello stesso senso di marcia.
Attacco bottone con una studentessa dell'Accademia delle Belle Arti di Basilea che torna con compagni e prof. da una lunga gita a Firenze, di cui si dice soddisfatta ma anche estenuata. Lei è di origini serbe ma è nata ad Olten, vicino Basilea, e mi racconta le vicissitudini ogni volta che va a fare i documenti, perché non è naturalizzata. Deve fare le foto bio–morfometriche per i documenti, cioè di fronte, di tre quarti con l'orecchio scoperto e di profilo, come quelle che Lumbroso scattava ai suoi soggetti di studio, perché un marocchino le ha sfilato il portafoglio a Ponte Vecchio, una mezz'ora prima di prendere il treno: souvenir d'Italie, insomma…
A Basilea l'atrio della stazione è zeppo di tamburini vecchi e giovani vestiti di nero, con un cappello a larghe falde, nero anch'esso: sono le corporazioni che accompagnano le festività della Pasqua, accorse da ogni angolo della regione per l'evento. Arrivano ogni tanto grandi zaffate di canna, ma non vedo che persone di mezza età.
Come si entra in Germania il tempo si fa sempre più grigio e cupo e presagisco il peggio, in quanto a meteo.

h 22 – all'ostello Köln–Deutz
Il viaggio a 250 km/h tra Francoforte e Colonia è da fantascienza, praticamente un ottovolante su rotaia lanciato su colline che somigliano molto a quelle toscane: mi godo lo spettacolo della tecnica nel salottino di testa, subito dietro la cabina del macchinista che è tutta a vetri, che è purtroppo zona fumatori. Ma la vista val bene farsi affumicare un (bel) po': ci sono un mio padre con figlia piccola (che si addormenta ovviamente come il treno si muove) e un nerd–ferroamatore, il peggio del peggio in quanto a connubio di passioni.
Piove tutto il tempo, prima forte, poi lieve, poi ancora forte.
Mi sistemo all'ostello, che sta in un enorme palazzo davanti la fiera di Colonia, tutto nuovo e pulito, pullulante di lodevoli bellezze, dormo una mezz'oretta e poi vado a Bonn a vedere la Haus der Geschichte der Bundesrepublik Deutschland, il museo storico della Germania (Ovest) dal '45 ad oggi. Un museo da 5 stelle, gratis perché è un omaggio dello Stato federale ai cittadini–contribuenti, con una bella mostra dal titolo "Drüben", cioè "Di là", su come i Wessis (i tedeschi dell'Ovest) vedessero quelli dell'Est, gli Ossis: scopro, per esempio, che il turismo al di là del Muro era una vacanza per pochi e abbastanza ambita da parte dei cittadini federali.
Bonn è triste e spenta, il grosser Umzüge, il gran trasloco del Governo a Berlino ha tolto praticamente la linfa vitale a questa grande città.
Torno a Colonia, mangio in una Kneipe, un'osteria vecchio stile, con pochi tavoli, tenuto da una vecchia factotum, che mi invita a sedere con due americani di Chicago perché non ci sono più posti: in Germania si usa così. I due yankees sono rappresentanti di protesi dentarie venuti qui per un'esposizione del settore: parliamo del più e del meno, di Bush in picchiata, di Obama e della Hillary, del fatto che, pur essendo stati molte volte a Milano, sia difficile trovare qualcuno che sappia parlare un buon inglese per strada…
In stanza trovo due fratelli del North Carolina, un Maurizio robusto e simpatico che ha una start–up di web design (cosa impensabile dalle nostre parti, dove quando vai a chiedere un prestito per una attività innovativa, la prima cosa che ti chiede il bancario è quale bene vuoi ipotecare…) e il fratello, secco e silenzioso, che studia scienze politiche a Cambridge — quindi se la tira un po' — e prepara un esame con l'iPod nelle orecchie.
Poi c'è un tedesco di Amburgo, simpatico, che studia Biologia e Teologia per diventare pastore evangelico. Lì parte una discussione sulle differenze fra le Chiese, delle liturgie e delle gerarchie del clero: rimangono a bocca aperta quando gli dico che la nostra messa dura 45' in media (in realtà ho visto anche di meno, anche 25' senza omelia, ma non glielo dico) contro la loro ora e mezza (ne so qualcosa…) e che si fa la comunione ogni volta che si celebra, quindi anche 2-3 volte al giorno nelle chiese grandi ("si perde il senso del gesto, così!" è la risposta del seminarista, ma non so che argomentare: dovrebbe saperlo lui meglio di me!).
Lo yankee–Maurizio ha una Bibbia sul comò e mi piacerebbe sapere se è un pagliaccio pentecostale o un idiota metodista e aizzargli così l'evangelico–luterano, ma ho troppo sonno e lascio correre.

lun. 18/3 h. 22,20 – Colonia–Bonn–Colonia (in camerata all'ostello)
Stamattina presto tiro la tenda e vedo che nevischia, a fiocchettoni, ma non si raccoglie per terra.
L'evangelico parte (per andare dalla ragazza…), gli yankees restano: dopo colazione parlo con Maurizio degli USA, della sua inspiegabile passione per la Russia e per il russo, che studia da quando aveva 8 anni.
Io prendo la via di Bonn di nuovo, saltando su un IC che arriva a fagiolo: come privilegiato ancora per poco, siedo in 1a. nello scompartimento occupato da due manager tipici tedeschi, vestiti con gusto pessimo, con "Der Spiegel" nella mano, borsa di cuoio nera o marrone e… portapranzo di plastica con panino al Bockwurst dentro! Rifletto su quanto siamo stupidamente provinciali dalle nostre parti, barocchi all'inverosimile, per cui un collega italiano di uno di questi si sarebbe lasciato stroncare dall'ipoglicemia pur di non cacciare un panino casareccio in prima classe.
A Bonn nevischia ancora: attraverso il centro a piedi, animato dal viavai di sfaccendati del lunedì (pensionati, casalinghe, studenti che fanno sega, professionisti che si attardano nelle trasferte). Il mercato nella piazza principale non ha nulla a che vedere con i nostri suk, tutto è bello, pulito e profumato, le urla dei venditori sono richiami ad alta voce, non ci sono cumuli di verdure marce o pozze di acqua di pesce per terra.
La casa di Beethoven è l'archetipo del museo agevole, veloce e coinvolgente: l'audioguida è sintetica e precisa, i cimeli interessanti e commoventi (soprattutto i cornetti acustici), c'è anche un laboratorio informatico dove consultare documenti, ascoltare registrazioni, seguire la musica sulla partitura. Ad aggiungere aria di extraterrestre è un gruppo di bambini di una scuola inglese, parlanti tedesco però, 5-6 anni, non di più, forse figli del personale NATO della base di Rammstein o di diplomatici: visitano interessati e divertiti il muso, accompagnati da una guida dall'aria simpatica. La prima domanda che gli fa nel cortile è "quanti di voi suonano uno strumento?" Si levano una decina di mani su 20 bambini e sento "chitarra, piano, flauto"… me ne vado con un sonoro "E che cazzo!" alla Sordi, tra l'invidioso e l'esterrefatto…
La ricerca della scultura di cemento Beethon (Beton, in tedesco, è appunto il conglomerato cementizio) dopo pranzo va a vuoto perché il famoso circo Roncalli occupa tutta l'area: mi accontento di una passeggiata sul lungo Reno, dove transitano chiatte piene e vuote a tutta forza, e di shopping librario, tanto per appesantire un po' il bagaglio.
Nel pomeriggio visito il Duomo di Colonia e la bellissima stanza del tesoro sotterranea, poi torno all'ostello, esausto.
Trovo un nuovo compagno di stanza, con cui scambio solo gesti e qualche frase a mezza bocca.
Più tardi scenderò al buffet dell'ostello, penso proprio che opterò per il menù vegetariano.
Domani si parte per l'Olanda, voglio stare leggero, mi devo alzare presto.

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